Azienda

NEBRAIE nasce nel 2014 ed è un’azienda di tipo famigliare.

Oltre alla vite, coltura prevalente, si semina e raccoglie fieno da foraggio, leguminose da sovescio e grano antico.
Il progetto nasce con l’idea di far rinascere un territorio montano dedicandosi alla produzione e vendita di vino in un luogo ove in passato, fino allo spopolamento iniziato dagli anni 60’ del Novecento, la coltura della vite era assai diffusa ed oltre al Timorasso erano presenti molteplici varietà di vite molte delle quali sconosciute.

La realizzazione del progetto è stata possibile attraverso un attento recupero dei terreni di famiglia, nel rispetto della biodiversità e dei principi dell’agricoltura biologica (azienda certificata dal 2019 e autocertificata dalla nascita).
L’azienda è sita in Val Borbera nel cuore dell’Appennino Ligure ma ancora in provincia di Alessandria ad un’altitudine compresa tra i 450 e 600 metri s.l.m.

Il clima è caratterizzato da temperature più fresche rispetto alle vicine zone collinari e da frequenti escursioni termiche. L’areale è ventilato e molto spesso fa capolino il “marino” che porta con sé le miti temperature del mare.
Per favorire la biodiversità e la vita in tutte le sue forme ospito 30 arnie di api di un’azienda amica, dalle quali si ricavano diversi tipi di miele: acacia, timo, castagno, millefiori.
La superficie aziendale adibita a vigneto è pari a 4 Ha suddivisi in 3 appezzamenti, uno dei quali, NEBRAIE, da il nome all’azienda agricola.

Il vitigno è il Timorasso, messo a dimora in terreni franco-argillosi, con sensibile presenza di scheletro e mediamente calcarei. A caratterizzare il Terroir è soprattutto la presenza nel sottosuolo di scisti di color grigio rossastro e dei conglomerati di Savignone, ammassi detritici costituiti da clasti arrotondati delle più disparate dimensioni.
I vigneti sono tutti compresi tra i 500 e 600 m s.l.m. ed esposti a Sud Ovest. La loro disposizione è a rittochino, il sesto di impianto è 0,9 x 2,4 metri e il sistema di allevamento è il Guyot.

La gestione del terreno ha per me un’importanza fondamentale perché per ottenere un vino vero e naturale bisogna mantenere vivo l’humus del terreno e preservare la biodiversità. Questo lo faccio in primis attraverso la distribuzione di letame biologico in pellets e la pratica del sovescio, cioè la semina a filari alterni di leguminose, del grano antico autoprodotto e di altre essenze presenti già naturalmente.
A queste pratiche abbino l’arieggiatura/lavorazione del terreno dei filari non seminati in primavera ed in estate.
Durante la stagione sfalcio periodicamente l’interfila con una trincia a catene che permette di proteggere maggiormente il suo dall’evaporazione estiva tramite il cover crop, una sorta di pacciamatura. Eseguo poi una lavorazione meccanica del sottofila con interceppi rotante sia per il taglio dell’erba sia per la lavorazione del terreno.

Oltre al terreno pongo grande attenzione alla gestione della pianta iniziando con la potatura invernale: applico il metodo Simonit e Sirch ovvero una potatura dolce, ramificata che permette di dare un maggior equilibrio alla pianta nel tempo. Il lavoro prosegue in primavera estate con la potatura verde parola che esprime sinteticamente molteplici e importantissime operazioni: la selezione di un giusto numero di tralci e loro conseguente impalcatura al filare, la sfogliatura per arieggiare la zona dei grappoli e in pre-vendemmia per favorire la maturazione dei grappoli, infine il diradamento dei grappoli.

Durante la stagione vegetativa sino alla vendemmia svolgo una serie di trattamenti di copertura con l’atomizzatore costituiti solo da idrossido di rame e zolfo bagnabile entrambe in forma liquida; mentre la flavescenza è per legge tenuta a bada con il piretro.
Pochi giorni prima della raccolta delle uve, seleziono alcune ceste di uva per creare il pied de cuve. Senza questa antica tecnica si lascerebbe al caso la fermentazione alcolica naturale, con molti rischi. L’uva viene quindi ammostata.
Dopo un paio di giorni, i lieviti indigeni iniziano la fermentazione e normalmente nel volgere di una settimana il mosto raggiunge la piena fermentazione.
Si procede così alla vendemmia manuale in cassette del vigneto.

Rimorchio dopo rimorchio porto l’uva in cantina dove le uve sono sottoposte ad una pressatura diretta soffice per mantenere la freschezza e l’integrità dell’uva. Il mosto ottenuto finisce in vasche di acciaio dove se necessario ho la possibilità di controllare la temperatura di fermentazione.

La fermentazione avviene con lieviti indigeni e dopo qualche giorno dal suo avvio aggiungo il mosto in piena fermentazione del pied de cuve. Al termine della fermentazione eseguo un travaso al fine di mantenere le sole fecce fini e se l’annata lo richiede aggiungo anidride solforosa. Da questo momento in poi il vino si affina sulle medesime sino al momento dell’imbottigliamento. Il vino non viene filtrato e non subisce alcuna pratica enologica.